Warm-up: cosa sappiamo, cosa crediamo e come farlo

Warm-up: cosa sappiamo, cosa crediamo e come farlo

Il riscaldamento in arrampicata

Credo che se si andasse a cercare online, sui principali siti di arrampicata, riviste o gruppi Facebook, si troverebbero mille declinazioni di questo argomento. Ognuno di noi ha la sua personale opinione, con annessa messa in pratica dello stesso, che ha una sua influenza anche sul cerchio (arrampicatorio) di persone che ci stanno attorno. Esiste una marea di informazioni sull’argomento che, come spesso accade, si traduce in un’incapacità di fare una scelta informata su cosa credere e cosa fare.

Cosa fa (o dovrebbe fare) un fisioterapista quando si trova ad affrontare un argomento così nebuloso e su cui esistono tante opinioni contrastanti? Ricercare in maniera critica cosa la letteratura scientifica e la ricerca possono dire su questo argomento. Ed è quello che ho fatto: i risultati ottenuti mi hanno aiutato a sfatare qualche mito.

La prevenzione del rischio di infortunio

È il principale motivo per cui, tendenzialmente, facciamo riscaldamento: evitare di farci male. La maggior parte degli studi presenti in letteratura analizza soprattutto gli effetti del riscaldamento sulla performance. Esiste poca letteratura che abbia analizzato la riduzione del rischio di infortunio, e quella poca che c’è non si applica all’arrampicata.

La review più recente pubblicata sull’argomento conclude che non ci sono sufficienti evidenze a sostegno dell’efficacia del riscaldamento come forma di prevenzione. Questo non significa che il riscaldamento non sia utile, ma che al momento le indicazioni si basano più su pareri di esperti che su studi sistematici.

Lo stretching

Lo stretching statico, se fatto prima dell’attività, riduce la performance e potrebbe avere anche un effetto negativo sulla prevenzione. L’allungamento mantenuto delle fibre muscolari riduce la capacità di contrarsi nel periodo immediatamente successivo e inibisce il riflesso spinale, fondamentale per proteggere il muscolo da allungamenti eccessivi. Sono più indicati esercizi di mobilità articolare attiva o stretching dinamico.

Riscaldamento a carico leggero o elevato?

Molti usano elastici leggeri o movimenti a corpo libero come unica forma di riscaldamento, per evitare di "ghisarsi". Tuttavia, uno studio di McGowan et al. (2015) dimostra che un riscaldamento ad alta intensità ha effetti positivi sulla performance e probabilmente anche sulla prevenzione. Questo migliora il metabolismo muscolare, il reclutamento delle fibre e riduce la probabilità di incorrere nella “flash pump”.

Quanto deve durare un riscaldamento ottimale?

Secondo uno studio di Bishop et al. (2003), la durata ottimale del riscaldamento dipende dall’intensità, ma mediamente 10 minuti di esercizio attivo ad alta intensità migliorano significativamente la performance. Tempi più lunghi possono affaticare il sistema neuromuscolare. Dopo il riscaldamento, un intervallo di 5 minuti permette di recuperare senza perdere i benefici.

La specificità

Un buon riscaldamento deve includere una sezione specifica allo sport praticato. Per l’arrampicata, questo significa esercizi per braccia e dita, seguiti da scalata progressiva, aumentando gradualmente il grado di difficoltà.

Ricapitolando

Un buon riscaldamento deve:

  • Includere esercizi di mobilità attiva e stretching dinamico.
  • Alzare la temperatura corporea e il battito cardiaco.
  • Avere una componente di alta intensità (85-90% MVC).
  • Durare tra i 10 e i 20 minuti, con un intervallo di 5 minuti prima dell’attività sportiva.
  • Includere una parte specifica al gesto che si andrà a eseguire.
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