Il piccolo pettorale, aka The silent killer

Il piccolo pettorale, aka The silent killer

Tutti noi poveri climbers sprovveduti abbiamo avuto, chi prima chi poi, un qualche fastidio a livello dell’arto superiore: tralasciando gli infortuni seri e/o di natura traumatica, parliamo di quel dolore dietro o davanti alla spalla, oppure tra le scapole, quel fastidio a livello del gomito oppure al collo. E allora tutti a cercare il prossimo esercizio per rinforzare la cuffia dei rotatori, il miglior stretching cervicale oppure il nuovo protocollo di trattamento per le problematiche ai gomiti.
Tutte cose molto giuste, se non fosse per il fatto che viviamo in un’era di sovrabbondanza di accesso a qualsiasi tipo di informazione medico-riabilitativa, che ci rende dei Google-terapisti e in realtà riduce la nostra capacità di discernere tra buona e cattiva informazione…ma questo è un altro discorso.
Tutte cose molto giuste, dicevamo, accomunate dal fatto che forse, dico forse, ci stiamo dimenticando di un attore silente che spesso fa da comune denominatore a tutte queste problematiche, e molte altre: il piccolo pettorale.
Cos’è il piccolo pettorale
[foto 1 e 2] Il piccolo pettorale è un muscolo che connette l’arto superiore al tronco, e nello specifico la scapola e la parte posteriore, con il petto e la parte anteriore: ha origine dai margini anteriori di terza quarta e quinta costa, e va ad inserirsi a livello del processo coracoideo della scapola (che è la piccola sporgenza ossea a punta che trovate se con le dita premete circa a metà strada tra la vostra spalla e la clavicola). Si trova in profondità, sotto il grande pettorale. La sua funzione principale è quella di portare in avanti il moncone della spalla (come quando si vuole dare una spallata a qualcuno davanti a voi) e deprimerlo. Svolge inoltre anche una funzione nella respirazione, facendo punto fisso sulla sua inserzione a livello della scapola e, di fatto, sollevando le coste.
È un muscolo con un braccio di leva molto vantaggioso, che gli permette di avere facilmente la meglio sui muscoli posteriori della scapola (che invece tenderebbero a tenere indietro il moncone della spalla), che sarebbero i suoi antagonisti. Rinforzato poi nella sua azione dagli altri grandi muscoli della sua stessa catena fasciale, ossia gran pettorale, bicipite e gran dorsale, ha la tendenza a risultare accorciato e poco estendibile.
“Ma io non ho mai avuto male al petto, o nella zona dei pettorali” dice il climber con male alla spalla, o al gomito, o al collo; e questo, ad una prima valutazione superficiale, può essere anche vero. Ma sfido il suddetto climber a cercare il punto in cui si trova il piccolo pettorale, premere con forza con le dita o trovare qualcuno che lo faccia per lui, e non avere un sussulto nello scoprire quanto male può fare quel piccolo muscolo apparentemente asintomatico.
Bisogna poi tenere a mente che, quando si tratta del nostro corpo e dei suoi acciacchi, non è sempre detto che se ho male in un punto, la causa del mio problema sia da ricercare lì: molto spesso il tessuto disfunzionale si troverà in quella zona, vero, ma spesso le cause di quella disfunzione sono molteplici, e non tutte sono ascrivibili a quel punto. E in merito a possibili cause di disfunzioni e tendinopatie a livello della spalla, del gomito, e in maniera più indiretta anche di dita e collo, il piccolo pettorale gioca spesso un ruolo chiave che viene frequentemente ignorato. Vi farò solo alcuni esempi.
Un piccolo pettorale corto e disfunzionale, come anticipato, tende a protrarre il moncone della spalla. Questo primo elemento va a modificare completamente il braccio di leva della maggior parte dei muscoli che si inseriscono su di essa: i muscoli posteriori della spalla, tra cui gli stabilizzatori di scapola e 3 dei 4 muscoli della cuffia dei rotatori, si trovano in una posizione di allungamento, che riduce il vantaggio del loro braccio di leva e tende, sul lungo periodo, ad indebolirli; questo a loro volta cambia la biomeccanica del movimento di scapola e omero nello spazio e favorisce lo sviluppo di patologie ai tendini soprattutto della cuffia dei rotatori, oppure costringe la muscolatura posteriore a lavorare di più e in una posizione di svantaggio per contrastarlo, sviluppando tensioni muscolari forti (il classico fastidio al trapezio e tra le scapole). Sembrerebbe, da alcuni studi, che questo muscolo, se accorciato e disfunzionale, possa addirittura inibire in parte l’attivazione del muscolo dentato anteriore e della cuffia della cuffia dei rotatori stessa.
[3] Un altro esempio dell’influenza del piccolo pettorale nelle problematiche all’arto superiore rientra sotto al termine ombrello di Sindrome dello Stretto Toracico o TOS: semplificando, tutta una serie di sintomi ed effetti secondari derivanti dalla compressione dei nervi che dal collo vanno a muovere i muscoli del braccio e portare informazioni sensoriali da esso, o dell’arteria ascellare che porta sangue a tutte le strutture dell’arto superiore. Queste strutture passano tra il piccolo pettorale e la gabbia toracica, e quando noi portiamo il braccio sopra al capo (posizione che assumiamo quasi sempre scalando) e abbiamo un piccolo pettorale accorciato e disfunzionale, si trovano ad essere strozzate sotto di esso: questo può dare più evidenti sintomi neurologici, con formicoli, e differenze di sensibilità, o nei casi più gravi debolezza muscolare; oppure più subdole problematiche derivanti da un ridotto apporto sanguigno, che possono concorrere in tendinopatie, strutture più deboli e prone all’infortunio e più rapida stanchezza muscolare sotto sforzo, oltre ad allungare i tempi di recupero se una patologia a carico di queste strutture esiste già.

Come riconoscerlo?
Riconoscere un accorciamento o un’influenza del piccolo pettorale non è poi così difficile. Esistono molti elementi visivi e non solo che possono farci capire se questo muscolo abbia bisogno di essere trattato.
[4] Un primo indizio visivo ci viene da una valutazione rapida della postura: un piccolo pettorale accorciato tenderà a portare il moncone della spalla o delle spalle avanti, aumentando la curva del tratto toracico della colonna, e quindi facendo anche in modo che il capo si porti avanti. Riconoscete la postura dello scalatore medio? Questo si vede bene osservando il corpo dal fianco. Se lo osserviamo da dietro, la conseguenza della trazione del piccolo pettorale farà sì che le scapole siano lontane dalla linea della colonna vertebrale, e spesso si evidenzierà proprio il margine stesso della scapola, che diventa evidente soprattutto nel suo angolo inferiore.
[5] Un altro rapido indizio si può avere se ci si sdraia su una superficie dura, e si valuta quando il margine più esterno della scapola, ossia la fine della cosiddetta spina della scapola, sia staccata dal suolo: una distanza superiore a due dita circa può essere segno di accorciamento del piccolo pettorale.
Infine la palpazione: come indicato sopra, andare a premere in profondità nella zona in cui si trova il piccolo pettorale, se esso risulta corto o disfunzionale, comporta spesso dolore profondo e sordo nella zona, che può anche irradiare a zone vicine.
Esistono poi molti altri test, anche più accurati, soprattutto per valutare se il piccolo pettorale influisca su un’eventuale compressione nervosa o dei vasi sanguigni; ma sono test complessi, che andrebbero eseguiti da specialisti.



Come trattarlo?
Il mio consiglio, in una visione globale di una problematica qualsiasi che vada dal collo alle dita, è quella di considerare ANCHE il piccolo pettorale, per i motivi spiegati sopra. Come anticipato, stiamo parlando di una causa concorrente a molte problematiche, che spesso viene ignorata, ma che non sempre costituisce l’unico responsabile. Se ho un qualsiasi fastidio all’arto superiore, e la mia valutazione mi fa pensare che il mio piccolo pettorale sia in qualche modo disfunzionale, oppure anche in un’ottica di bilanciamento muscolare e prevenzione, allungare questo muscolo e rinforzare i muscoli che gli si oppongono non può che giovarmi.
[6] Sfruttate una porta e portate il braccio sopra la vostra testa ad un angolo di circa 120° rispetto al vostro tronco a gomito steso (se lo faceste da entrambi i lati sarebbe una sorta di lettera Y); appoggiate il gomito allo stipite della porta, con il palmo della mano rivolto verso di esso; da questa posizione portate il petto avanti e la scapola indietro, in modo da distanziarla dalla gabbia toracica e allungare il muscolo. Mantenete la posizione per 60 sec e ripetete 2-3 volte. Alcune persone sentiranno uno stretching maggiore tenendo il gomito più basso o più alto: non esiste nessuna regola scritta, trovate la posizione che sentite lavorare meglio per voi.
Un altro modo per trattare questo muscolo se accorciato e sintomatico è quello di usare una semplice pallina da tennis[7] (o qualsiasi pallina sufficientemente dura), appoggiarla sopra la zona dove si trova il nostro muscolo, e appoggiarsi sopra di essa sempre allo stipite di una porta o contro un muro. Mantenere la posizione finché il fastidio-dolore al muscolo nella zona si riduce, e ripetere la procedura cercando poi altri punti dolenti.
Questo per quanto riguarda l’allungamento e il rilascio del muscolo. Idealmente poi dovreste andare a rinforzare i muscoli che svolgono un’azione opposta, e nello specifico soprattutto trapezio medio e inferiore, e romboidi.
[8] Un esercizio semplice quanto efficace per rinforzare questa muscolatura è il seguente: mettetevi a terra, pancia in giù, con un piccolo asciugamano arrotolato sotto alla fronte; portate le braccia ai lati del vostro corpo, come a formare una lettera T; prima di sollevarle, ingaggiate la muscolatura delle scapole, portandole una verso l’altra e assieme verso il sedere; da questa posizione ruotate le braccia distese, come a voler portare i pollici verso il soffitto, e la piega del gomito rivolta in avanti: questa è la posizione di partenza, e l’allineamento che devo tenere durante l’esercizio. Ora staccate le braccia dal pavimento, sollevandole solo una manciata di centimetri, e continuate ad oscillarle di poco verso il soffitto e verso il pavimento, contando il numero di respiri completi che riuscite a fare, e smettendo non appena sentite che non riuscite a controllare la forma che avete impostato all’inizio. Andrete progressivamente ad aumentare il numero dei respiri.

Conclusioni
In questo articolo ho voluto portare alla luce un muscolo importante nella maggior parte delle problematiche all’arto superiore, spiegando la sua centralità spesso ignorata. Ora avete un’idea su come riconoscere una sua disfunzione, e come poterla trattare.
Un’errata diagnosi riguardante il piccolo pettorale può al massimo farvi fare un po’ di stretching e rinforzo degli stabilizzatori di scapola, che diciamocelo, male non fa. Se avete un qualsiasi problema all’arto superiore però il mio consiglio è sempre quello di rivolgersi prima ad uno specialista per avere una diagnosi accurata del problema: in quest’ottica, il trattamento del piccolo pettorale può essere un elemento in più per favorire il trattamento e la soluzione.